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Quello che ci viene invece proposto su schermo è una perfetta commistione tra narrazione e azione, con il nostro Nathan impegnati nei 21 capitoli complessivi ad esplorare un territorio dal forte impatto visivo, cercare i vari tesori “bonus” sparsi per la mappa e far fuori un imprecisato (ma elevatissimo) numero di avversari che sebbene non verranno ricordati per la loro intelligenza sopraffina, avranno comunque il merito di rappresentare un efficace “bastone fra le ruote” tra noi e il nostro obbiettivo. Ed è proprio sull’utilizzo delle armi da fuoco che Uncharted si discosta dalla pettoruta archeologa, perché se in Tomb Raider sparare e compiere spettacolari evoluzioni praticamente il pane quotidiano, in Uncharted la parte più action si risolve in una sparatoria “da trincea”, con il nostro Nate impegnato tanto a far fuori gli avversari di turno, quanto a cercare continuo riparo dietro i vari supporti naturali sparsi per l’area di gioco. Non spettacolare come Gears of War, sicuramente, ma il poter passare da un riparo all’altro tramite la semplice pressione di un tasto ed eliminare gli avversari comodamente al sicuro restituisce al giocatore la piacevole sensazione di avere la situazione completamente sotto controllo. Uncharted prevede anche un sistema di rilevazione d’impatto che premia (in tutti i sensi) i colpi diretti alla testa, mentre si disattiva per tutte le altre zone del corpo (tre colpi diritti al cuore a volte non sortiscono effetto), rendendo più ostico il compito del nostro eroe.
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Se da un lato la suddetta ricerca non apporterà niente di tangibile al gameplay, dall’altra permetterà al giocatore di approfondire la conoscenza di ambienti e locazioni realizzati con vera maestria, soprattutto nell’utilizzo di texture ad alta risoluzione e di un effetto di illuminazione “a giorno” davvero efficace e realistica. Peccato che lo stesso non si possa dire per altri elementi che purtroppo non rendono giustizia ad un quadro grafico che sarebbe risultato pressoché perfetto. In particolare sono sotto accusa alcuni effetti riguardanti l’acqua (a tratti realmente inguardabili) e quelli destinati a rappresentare le esplosioni, che potevano essere realizzati decisamente meglio, considerate soprattutto le enormi potenzialità della piattaforma Sony. Simpatico, ma inutile ai fini del gameplay, l’effetto che vede Nate uscire dagli specchi d’acqua parzialmente o completamente bagnato. Simpatico perché l’effetto è reso mediamente bene (in realtà la texture più che un effetto bagnato presenta un effetto traslucido non propriamente realistico). Inutile perché non ne intacca minimamente la giocabilità dal momento che, per esempio, uscendo dall’acqua lo stesso Nate non lascia tracce visibili dagli avversari, così come un Metal Gear propone ormai da anni.
Dettagli che comunque non intaccano un titolo che sebbene non faccia nulla per proporre qualcosa di veramente nuovo riesce a portare bene a termine i pochi compiti prefissati, regalando ore di puro divertimento a cui forse qualche momento di maggior apprendimento avrebbe portato non pochi vantaggi, soprattutto in termini di durata. A difficoltà media Uncharted può essere portato a termine in otto ore scarse di gioco che se di per sé sono ormai diventate un punto di riferimento ormai consolidato hanno l’aggravante di non presentare mai situazioni in cui è richiesto al giocatore un particolare impegno, avendo comunque l’innegabile merito di non annoiare ma, al contrario, di risultare sempre avvincente e soprattutto con una vena narrativa che spingerà il giocatore a voler arrivare a tutti i costi a vedere come andrà a finire. E di questi tempi non è roba da poco.
UN RINGRAZIAMENTO A CRICRI E MARIO E A LALLO!
VOTO:95
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